Giuseppe Arienzo, classe '26, per tutti Peppino "Ciquaranta", è un ospite fisso del primo sedile passeggero sulla corsa C40 di Napoli, da cui prende soprannome, tragitto Capo Posillipo-P.zza Garibaldi. Una vita a solcare quella tratta non è bastata e Peppino, ex autista, ha deciso di garantire il servizio anche dopo la sua pensione, solcando, alla stessa maniera del percorso, le orecchie dei suoi successori a furia di urlare direzioni: "giuvinò mo' a destra, giuvinò rallentate che mo 'eta svolta'!".
Per Peppino il C40 non è solo un autobus, non solo un soprannome, è stata una bussola, un appiglio. Come per molti degli scugnizzi nati in quel periodo, la vita è stata tutt'altro che stabile: Il Fascismo, l'inquadratura, la guerra. La perdita dei genitori, la perdita della casa, la perdita delle convinzioni. Peppino è cresciuto vedendo la sua vita rivoltata come un guanto, col terrore che da un giorno all'altro tutto potesse crollare, col terrore di trovarsi nuovamente nel limbo delle macerie.
A volte nella vita ciò di cui hai bisogno si presenta sotto forma di donna, di lotteria, d'eredità; a Peppino arrivò sotto forma di autobus. A qualcuno potrebbe sembrare cosa di poco conto, ma per Peppino fu il faro nella notte: finalmente certezze, finalmente riferimenti. Dal primo giorno di lavoro sentì d'avere una missione: poter essere qualcosa di stabile e immutevole all'interno di una città che cambia, riuscire a unire due parti della città in maniera precisa e puntuale, essere sempre nel posto giusto al momento designato, ci riuscì. Il ragazzo insicuro diventò per anni il riferimento di tutti gli appartenenti a quella tratta, ogni giorno avanti e indietro, ogni giorno puntuale, non una variazione, non un imprevisto, ma una certezza incrollabile. Diventò un'immagine così rappresentativa che qualcuno saliva sul pullman anche solo per incontrarlo e parlarci; solo la pensione fu capace di schiodarlo da quella sedia. Una missione, però, non si abbandona per eventi così trascurabili.
Ciquaranta da allora continua tutti i giorni a rispettare i suoi orari, sul "suo" sedile passegero, assicurandosi che nessuno permetta al C40 di deragliare dai solchi, materiali e dell'immaginario, marcati in anni e anni di costanza e che nessun giovanotto possa mutare il riferimento per le anime come Peppino..."mo ti devi fermà, nun t'o scurda'."